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L’Associazione Latium Vetus scrive al Ministro Franceschini

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Gli Auguri di Buon Anno dell’Associazione Latium Vetus al Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e ai dirigenti del Ministero: in ballo c’è la conservazione o la perdita del complesso monumentale di Tor Maggiore!

 

Continua l’impegno dell’Associazione Latium Vetus in prima linea da anni nella causa della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale del Lazio antico, l’Associazione  ha inviato una missiva per portare all’attenzione diretta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, On.le Dario Franceschini, e ai vertici del ministero il deplorevole stato di conservazione in cui versa uno dei monumenti principali di Pomezia, qual’è il complesso medievale di Tor Maggiore.

La causa di Tor Maggiore ha fatto parlare di se negli ultimi anni a Pomezia e l’interesse della cittadinanza intorno a questa vicenda è aumentato, la speranza auspicata dall’Associazione Latium Vetus è che non solo il Comune di Pomezia e la Regione Lazio ma anche e soprattutto gli organi centrali e periferici dello Stato cui è demandata la tutela del patrimonio culturale possano finalmente contribuire a trovare una soluzione concreta ed efficace che permetta a questo preziosissimo monumento che rischia seriamente, ogni giorno, di sparire, di essere salvaguardato e di poter continuare a vivere.

Di seguito il testo della lettera:

 

Gentile Sig. Ministro,

Gentile Sottosegretario,

Gentile Dirigente,

Gentile Soprintendente e/o Funzionario,

E’ Natale. Tempo di storie natalizie, di fiabe e di racconti.

La Città di Pomezia ha anche lei una storia da raccontare: non una fiaba ma una storia surreale, seppure tristemente vera; una storia che per ora non ha un lieto fine.

La protagonista di questa storia è una meraviglia che la storia ci ha consegnato fortunosamente, e che è però oggi un bene invisibile, dimenticato, per la quale non si è stati in grado di assicurare tutela e salvaguardia: il complesso medievale di Tor Maggiore, un unicum situato in località Santa Palomba, nel territorio del Comune di Pomezia, città inserita splendidamente nella Campagna Romana limitrofa a Roma Capitale.

Immaginate un’alta torre medievale, circondata da un antemurale e da un piccolo edificio, probabilmente una chiesa; si tratta di un piccolo centro fortificato realizzato nel XII secolo e che ha mantenuto intatto il suo aspetto originario, uno stupendo esempio del fenomeno dell’incastellamento nella Campagna Romana. In termini tecnici si tratta di un castrum dell’agro romano, dedicato già in età antica a S. Edistius, soldato romano martirizzato ai tempi delle persecuzioni neroniane. Il complesso venne ricostruito nel XII secolo, ai tempi delle lotte nobiliari, quando la grande famiglia dei Savelli, di cui fecero parte i Papi Onorio III ed Onorio IV, dominava l’intera zona dei Castelli Romani. Il complesso presidiava con la sua mole e la sua imponenza le verdi e produttive colline ondulate intorno a Roma, le cui strade vennero percorse fin sotto le mura di Castel Savello dall’esercito di Federico Barbarossa nel lontano 1178.

La torre, di ben 34 metri di altezza, assisté silenziosamente al trascorrere dei secoli ed era già in rovina quando fu testimone indenne del passaggio delle truppe durante i fatti della seconda guerra mondiale: proprio il suo carattere di monumento in rovina e già appartenente alla storia le permise di essere rocambolescamente e fortunosamente risparmiata dall’abbattimento, triste destino a cui andarono incontro molte altre torri dell’Agro Romano.

Qui c’è tutto l’eco della storia! Leggende medievali, eserciti imperiali in marcia, le antiche strade presidiate da torri silenziose ed imponenti, testimoni di antichi eventi. Il mix perfetto per far emergere l’antico.

Considerata dalle fonti storiche come la torre più alta ma soprattutto la più bella ed importante di tutta la Campagna Romana (cosi viene descritta nell’ottocentesca opera sulla Campagna Romana scritta da Giuseppe Tomassetti) e tutelata con un provvedimento di vincolo il 21 maggio 1914, ai sensi della primissima legge di tutela dei beni culturali in Italia, la Legge Rosadi del 1909,  essa venne riconosciuta dai dirigenti del Ministero dell’Istruzione Pubblica come parte di un complesso di interesse particolarmente rilevante capace di irradiare quei valori identitari e storici, incarnazione del genius loci che l’aveva protetta per secoli. Nonostante il suo incommensurabile valore e questo passato glorioso tuttavia, il monumento andò in seguito incontro ad un destino miserevole.

Abbandonata; dimenticata; lasciate aggravarsi le fratture nelle murature e nella possente volta a crociera e lasciati crollare i piani in legno.

In un territorio provato dall’indifferenza e dall’ignoranza nulla è stato fatto per tentare di garantire quel rispetto e quella tutela sanciti nella Costituzione Italiana.

La conservazione del monumento è stata per decenni ed è tuttora un tabù, sottomesso agli interessi della proprietà privata in contraddizione alla legge che imporrebbe di garantirne la conservazione e la salvaguardia. Triste inoltre è osservare l’inerzia, la passività consapevole o meno, delle istituzioni, perfino di quelle cui è demandata la tutela del patrimonio culturale.

Nel 2012 un gruppo di cittadini, riuniti nell’Associazione Latium Vetus, ha iniziato a sollevare il proprio dissenso a tale inaccettabile incuria. Le denunce fatte, tuttavia, al di là di un improduttivo richiamo all’attenzione rivolto agli organi preposti alla tutela, non hanno sortito alcun riscontro.

Alle denunce del 2012, la ex Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio cosi rispondeva “…appare oggi non ulteriormente rinviabile un intervento di restauro e conservazione, cui però il Ministero per i Beni Culturali non può attualmente fare fronte, causa la grave carenza dei fondi a disposizione”. Le successive richieste di avviare l’iter di imposizione dei lavori coatti di restauro alla proprietà privata non produssero nulla di diverso e di concreto, in un rimpallo di competenze cosi veniva risposto alle nostre sollecitazioni: “la Scrivente [Direzione] può imporre ai proprietari, possessori, o detentori di beni culturali gli interventi necessari per assicurarne la conservazione […] solo sulla base di apposita relazione tecnica […] da redigersi a cura della Soprintendenza competente per settore e territorio. E’ inoltre prerogativa della succitata Soprintendenza attivare o meno la procedura.”

Ci viene detto che mancano i soldi! Attraverso queste poche parole si manifestano nella loro terribile franchezza tutte le dolorose ed inaccettabili offese al monumento principe della Campagna Romana e alla nostra identità civile, nella totale incapacità di elaborare un qualsiasi modello di programmazione o di azione, che oltrepassi lo stallo economico e che permetta di salvare un bene di tale portata come Tor Maggiore.

Inoltre, parlando ora di tutela, l’ulteriore insulto: la proposta della proprietà privata del lotto limitrofo al complesso medievale di realizzare una centrale a biogas per la lavorazione di un quantitativo di rifiuti organici pari a 60.000 tonnellate all’anno.

Viene da dire, ironicamente: una tutela innovativa, realizzata a base di centinaia di camion compattatori, di emissioni e di percolato. La proposta però, e questa volta seriamente, viene approvata dalla Soprintendenza competente e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Nel nulla osta rilasciato, non v’è alcuna traccia di approfondimento ai possibili rischi al decoro della torre, nessuna parola relativa ai rischi che la movimentazione di centinaia e centinaia di camion compattatori potrebbero avere sulla statica di questo precario e fragile edificio. Quindi: fondi pubblici non ve ne possono essere perché mancano i soldi. Cerchiamo allora dei fondi privati; ma quali privati potrebbero investire nella tutela di un monumento limitrofo ad una centrale per la lavorazione di tonnellate e tonnellate di rifiuti?

Nel tentativo di contrastare questa sventura, L’Associazione Latium Vetus redige una proposta di un vincolo indiretto sull’area limitrofa alla torre ed includente il lotto dove verrà realizzata la centrale di lavorazione dei rifiuti ma ecco come ci ha risposto la Soprintendenza competente: “…Questa Soprintendenza, visto il Decreto Ministeriale di vincolo che tutela Torre Maggiore e l’area d’intorno per la salvaguardia di prospettive e coni di visuale più importanti, non ritiene necessario apporre, peraltro sull’unica direttrice, un ulteriore vincolo di tutela indiretta”.

Questa, ecco, anziché tutela sembra una condanna a morte: è la condanna a morte di Tor Maggiore!

Quanto tempo resta da vivere a Tor Maggiore prima che crolli?

La sua perdita ed il danno che subiranno le generazioni del futuro che non potranno più ammirarla varranno la spesa che abbiamo evitato di fare?

La storia di Tor Maggiore si ferma qui.

Avremmo voluto raccontare un finale diverso, magari un lieto fine ma i finali da favola possono essere scritti solo con il coraggio e con la civiltà dei cittadini e dei propri amministratori.

Forse siamo ancora in tempo per intervenire e questa lettera indirizzata agli uomini e alle donne del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, i vertici cosi come i dirigenti ed i funzionari, ha proprio lo scopo di auspicare un finale diverso, da scrivere tutti insieme, con coraggio e con impegno affinché Tor Maggiore non muoia e non scompaia per sempre.

Buone feste e Buon Anno nuovo da Tor Maggiore, bene invisibile della Campagna Romana!

L’Associazione Latium Vetus

Panoramica di Tor Maggiore2

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